viernes, 23 de diciembre de 2011

Disertación de Tesis Doctoral


Oltre a ringraziare tutti i miei amici e confratelli presenti in questo importante momento della mia formazione ed esperienza di vita comunitaria, vorrei esprimere un particolare ringraziamento anche:
Alla comunità don Michele Rua, nella persona del suo Direttore, don José Luis Plascencia. Questa   comunità mi ha dato l’opportunità di vivere l’esperienza della comunione nella fratellanza ed interazione amichevole nella quotidianità.


Alla congregazione salesiana ed in particolare alla mia ispettoria del Paraguay nella persona di S.E Mons. Edmundo Valenzuela, Arcivescovo cuodiutore di Asunción, e del mio ispettore, d. Walter Jara, che mi ha dato l’opportunità e la fiducia per continuare questo processo di ricerca ed approfondimento sulla traccia dell’esperienza della mia ispettoria inserita nel cammino della Scuola Salesiana in America Latina.


Ringrazio in modo speciale la professoressa Caterina Cangià, per la sua paziente e serena guida in questo tempo di ricerca e riflessione del mio lavoro. Porgo un caro ringraziamento al prof. Cristian Desbouts e al prof. Emiro Cepeda, al presidente di questa commissione, il prof. Carlo Nanni (nostro Rettore Magnifico), per la sua testimonianza di uomo di studio per la sua passione pedagogica.


 Ringrazio anche la famiglia francescana nella persona della madre Generale Klara Šimunović e alla mia famiglia nella persona di mia sorella Suor Eva Arévalos Coronel, alla famiglia agostiniana nella persona del padre Rettore della Basilica di Santa Rita da Cascia, d. Mario De Santis.


Vorrei ringraziare anche alcune persone che mi sono state vicine in questo tempo di studio: il prof. Ismar de Oliveira Soares, d. Francesco Casella (attuale Decano FSE), d. Miguel Angel Cardozo, d. Angelo Arman, d. Juan Luquero, d. José Ramón Uria, d. Nicolò Suffi, d. Aimable Musoni d. Rafael Vicent,  d. Franco di Natale, e d. Cristobal Solares.

A tutti, grazie di cuore.





CLAUDIO ARÉVALOS CORONEL



Nato in Loreto (Concepción-Paraguay), il 26 di aprile nel 1970, figlio di Simeón Arévalos (+) e Eufemia Coronel (+), è il beniamino della famiglia di quattro fratelli e una sorella. Entrò nell’Istituto Salesiano San Giuseppe quando aveva solo 4 anni, ha passato tutta la sua infanzia e gioventù nel cortile dell’Oratorio Festivo, amorevolmente soprannominato “Saleski”, nel suo patio imparò la presenza misericordiosa di Dio, nella relazione di fratellanza e vicinanza dei salesiani di allora. Ancora giovane (16 anni) ha svolto il ruolo di coordinatore e incaricato dell’Oratorio Festivo San Giuseppe, dove ha avuto l’occasione di conoscere don Arduino Petris, direttore della Scuola Salesiana; spinto da lui fece parte del Gruppo Vocazionale, e lì fece il suo discernimento e accompagnamento vocazionale. Fece gli studi primari (1975) e secondari nell’Istituto Salesiano, dove si laureò nell’anno Centenario della morte di San Giovanni Bosco (1988). 
Attratto dal carisma salesiano, dalla gioia e dalla testimonianza dei salesiani di allora, entrò nel Prenoviziato nell’anno 1989 in Asuncion. Fece il noviziato in La Plata (Bs. As.-Argentina) nel 1990, professò come salesiano il 31 di gennaio del 1991. Fece il suo Postnoviziato e suoi studi di Filosofia, Psicologia e Pedagogia nell’Istituto Superiore Salesiano di Studi Filosofici Don Bosco (ISSEF), in Asunción, laureandosi come Professore di Psicologia e Filosofia di Educazione Media. Realizzò la sua esperienza pastorale nell’Oratorio di San Vincenzo (1991), e nella Cappella Maria Ausiliatrice di Varadero (1992). La sua esperienza di tirocinio realizzò nel Collegio Don Bosco di Villaricca (1993-1995), luogo che ricorda con affetto e gratitudine, per il bel ricordo dell’Oratorio tra i “guaireños”.
Fece i suoi studi di teologia nella Pontificia Università di Santiago di Cile, si laureò in Scienze Religiose nel 1999. Nel tempo della sua permanenza in Cile lavorò nella Comunità cristiana di Cristo Inmmanuele (1996) e negli anni 1997-1999 nell’Oratorio Centro Giovanile Don Bosco di “Lo Cañas”.
Da settembre a dicembre dell’anno 1999 appartenne alla Comunità Monsignor Lasagna, lavorando nell’Oratorio San Luigi. Nell’anno 2000 l’obbedienza lo destinò alla Comunità de Sacro Cuore di Gesù (Salesianito), dove ha svolto l’opera di professore, Preside Scolastico, Incaricato della pastorale giovanile della Scuola, della Parrocchia e dell’Oratorio-Centro Giovanile.  In questo periodo svolse anche il compito di Coordinatore Nazionale degli Oratori, essendo il fondatore del Movimento di Animatori Salesiani (MAOS). In questo periodo fu anche professore nell’ISSEF.
Nel periodo 2002-2004 appartenne alla Comunità della Casa Ispettoriale “Nostra Signora dell’Assunzione” del Paraguay, svolgendo parecchi servizi di animazione ispettoriale: Consigliere Ispettoriale, Delegato di Pastorale Giovanile e Comunicazione Sociale, Direttore del Bollettino Salesiano, Direttore del Dipartimento Ispettoriale di Educazione e dell’Istituto Salesiano di Pastorale Educativa (ISPE), Incaricato del Movimento Giovanile Salesiano e del Movimento Amici Domenico Savio, membro del Direttorio della Casa Editrice e la Stampa salesiana. Professore nell’ISSEF.
Dall’anno 2005 appartiene alla Comunità Michele Rua (Roma-Italia), incomincia i suoi studi nell’Università Pontificia Salesiana (UPS), nella Facoltà di Scienze dell’Educazione, laureandosi in Pedagogia e Comunicazione Mediale (2007), con la massima distinzione di Summa cum laude (30/30), ricevendo la “Medaglia dell’Università” come segno di riconoscimento per l’eccellenza dei risultati accademici. Il tema svolto nella tesi fu: El rol de la Escuela en la sociedad de las tecnologías de la Información y la Comunicación.
Nell’anno 2008 ottiene il Baccalaureato in Scienze della Comunicazione Sociale (UPS) con il tema, L’Educomunicazione come nuovo campo d’intervento educativo in ambito scolastico. Nel 2009 incominciò il suo lavoro di ricerca e riflessione dottorale, nel campo dell’Educomunicazione Scolastica”, avendo come titolo della sua ricerca: La interrelación Educación/Comunicación/Medios en vista a una propuesta de Educomunicación  para el ambiente educativo escolar Latinoamericano, sotto la guida e l’accompagnamento della professoressa Caterina Cangià.
Il 19 dicembre 2011, alla presenza di un noto gruppo di Relatori dell’UPS, fa la dissertazione e difesa della sua tesi dottorale, nell’Aula Anna Marolla, della Pontificia Università Salesiana.
Al rientro nella sua patria e nella sua ispettoria lavorerà nella presenza salesiana di Concepción, luogo dove ha realizzato tutta la sua formazione scolastica, nell’animazione educativa-culturale delle scuole di San Giuseppe, Don Bosco e San Luigi. 




jueves, 24 de noviembre de 2011

Educomunicazione Scolastica


Quando stiamo parlando di Educomunicazione a Scuola non stiamo identificando la comunicazione con la semplice introduzione dei media nel contesto educativo, neanche non stiamo facendo una interpretazione di tipo  “omonimo”, ciò, dire che l’educazione e comunicazione sono la stessa cosa, che educare è sempre comunicare, che tutta educazione è un processo comunicativo o che tutto educatore è un comunicatore.

Dobbiamo riconoscere che la comunicazione e l’educazione nella loro ricchezza e complessità, assolutamente non sono riducibili:

La comunicazione: non è soltanto media né nuove tegnologie della comunicazione.

L’educazione: non è soltanto scuola, nemmeno ancora solo istruzione scolastica.

La Educomunicazione è un tentativo per assumere le pratiche sociali e le tradizioni teoriche dell’incontro tra educazione/comunicazione, come processi, vissuti da persone e comunità, nei loro contesti; dunque, nel loro profondo rapporto con la cultura e con l’ethos di cittadini/e nell’esercizio democratico della loro cittadinanza.

Per riflettere personalmente:

1- Prendi un attimo di tempo per scrivere qualche riga nelle tue parole
-       Cosa è educare? Cosa è comunicare?
-       Quale metafora userei per raccontare il senso dell’comunicazione nella educazione oggi?

2- Le tradizioni teoriche più rilevanti nel tentativo di spiegare l’educazione ai media e nella comunicazione nell’ambito scolastico. Come puoi descrivere in due righe ogni proposta?

-       Information Literacy
-       Media Literacy
-       Media Education
-       Medienpädagogik
-       Educomunicazione

3- Guardare su youtube: Transforming Learning (Digital Natives). Si trova in inglese. Con quale frase Thomas Suarez finisce la sua presentazione?

http://www.youtube.com/watch?v=ehDAP1OQ9Zw&feature=player_embedded

C'è un commento in italiano in:

http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/11_novembre_11/jobs-applicazioni-giovani-burchia_4b711f3e-0c56-11e1-bdbd-5a54de000101.shtml

Vi chiedo gentilmente se volete inviarmi per email le risposte (paiclaudio@hotmail.com) o consegnarmi il prossimo lunedì in aula. Grazie!

4- Condivideremo in aula il lavoro personale fatto (prima ora).

4- Lunedì 28. Presentazione del lavoro fato da Claudio sull'Educomunicazione (seconda ora).


A presto....Claudio

viernes, 11 de noviembre de 2011

Educomunicar en y desde la Escuela para la participación social


P. Claudio Arévalos Coronel
                                    http://paiclaudiosdb.blogspot.com/

Educar “en”, “desde” y “para” la comunicación en perspectiva global, radicado en el ambiente educativo escolar , inserto y comprometido en el territorio local.

La Educomunicación “en”, “desde” y “para” el ambiente educativo escolar se trata de una nueva propuesta pedagógica, educativa/comunicativa/sociopolítica, que asume total y enteramente la dimensión relacional, cultural e histórica de la persona humana. Su estructura dialógica, intersubjetiva y relacional hace que la comunicación (interpersonal, mediata y virtual) sea considerada como elemento esencial del proceso de construcción personal, del conocimiento y de la experiencia de la convivencia social, inserta y radicada en la realidad comunitaria local, pero siempre en apertura a las dinámicas y problemáticas del entorno sociocultural global.[1]


Formación de nuevos sujetos sociales

La formación del nuevo sujeto social (ciudadano proactivo glocal) se presenta como la prioridad formativa emergente, no basta, “instruir” estudiantes o alfabetizar a, con y para el uso de las nuevas tecnologías, sino a nuestro criterio y convicción, urge la necesidad de educomunicar ciudadanos con profunda sensibilidad sociopolítica, con espíritu crítico y con un set de valores y convicciones éticas, que les permitan a nuestros partners (nuestros alumnos), y a todos los miembros de la Comunidad Educativa, ir al “encuentro” del otro para reconocer sus necesidades y sus carencias existenciales inmediatas. Estamos convencidos que la Escuela, como institución o agencia de socialización, debe necesariamente “remediarse”, es decir, insertarse, integrarse, dejarse interpelar por el ecosistema comunicativo y cultural contemporáneo, por las nuevas formas de socialización mediática y, sobre todo, por las nuevas exigencias de sentidos de los jóvenes de la nueva generación: los digital natives.

Para que la escuela pueda ejercer su misión, en el nuevo contexto socio cultural, de formar ciudadanos y no sólo estudiantes, responder a las exigencias existenciales de la nueva generación, sintonizar con el estilo comunicativo e interpretar las nuevas formas de representación juvenil, debe irrenunciablemente proyectar sus intervenciones educomunicativas “desde” tres paradigmas hermenéuticas o mediaciones culturales, para interpretar la realidad, suscitar la implicación, la activa participación y la responsabilidad de todos los agentes educomunicativos en el proceso de su formación.


Emergencia de una reforma comunicativa

La Educomunicación Escolar, como nuevo discurso pedagógico, pretende llevar adelante, no sólo la reforma educativa (teorías, curricolo, contenidos), sino sobre todo, una “reforma comunicativa”, es decir, la renovación de la «organización social de la escuela, la forma de aprender y las relaciones de la escuela con la comunidad […]. Del clima y la organización interior de los centros escolares, prestar atención a la vida social, dejar participar a los alumnos e implicarlos profundamente en las actividades que realizan, para conseguir que lleguen a convertirse en individuos autónomos»,[2] asumiendo como prioridad el cuidado de la vida relacional, contextual y la participación en el “lugar” de la experiencia educomunicativa.


Educar en la comunicación

La persona humana es un ser eminentemente relacional, se caracteriza por las categorías existenciales del encuentro, la apertura, la acogida y el reconocimiento recíproco. Estos elementos constituyentes del ser humano nos orienta a fijar nuestra atención e intervención pedagógica sobre la dimensión afectiva, emocional y sentimental del proceso de construcción del significado, de la realidad y del conocimiento, ya que vivimos en una época y en una cultura altamente tecnificada pero humana y relacionalmente debilitada. El añorado “nuevo humanismo” no vendrá sólo de la mano de una mayor tecnificación y del fortalecimiento de la competencia mediática-digital en la escuela, sino que ésta, irrenunciablemente tendrá pleno sentido desde la experiencia de la convivencia social, distinguida y expresada en la calidad y calidez de las relaciones humanas atentas a las necesidades del otro.[3]


Educar desde la comunicación

En la experiencia educomunicativa no basta el cuidado de la dimensión emotiva-relacional ya que la persona es un ser esencialmente situado en una realidad histórica y cultural concreta, en este sentido, «la comunicación es una cultura, un modo de existir, un ambiente de vida, un contexto existencial al interno del cual vivimos y nos movemos».[4] Esta forma de comprender la comunicación humana debe imprescindiblemente ser considerada en la interacción interpersonal e intergeneracional. El contexto o el lugar de radicación de la intervención formativa es un elemento crucial para la Escuela, ya que precisamente ésta, como agencia de socialización, debe analizar los problemas sociales y culturales de la comunidad para que pueda responder significativa y eficientemente a la emergencia de su entorno. Una institución educativa impermeable a las realidades de su contexto dice poco (o mucho) de su misión humanizadora.


Educar para la comunicación

La Escuela educomunica ciudadanos “para” que éstos puedan participar en la comunidad, “para” que sean agentes generadores de cambios de la estructura social, “para” que sean protagonistas de una sociedad cada vez más incluyente, con oportunidades de integración y de afirmación de una mejor condición de vida para todos. En el ejercicio de la comunicación participativa los agentes del proceso educomunicativo ponen en práctica el consenso, la negociación, la autoexpresión, el uso de la palabra generadora y libre. Además, en la comunicación participativa se exige, la intervención activa en el proceso de construcción social, la implicación en los espacios de decisión y el compartir las tareas en las actividades comunes. Finalmente, se educa para la comunicación para formar parte de una comunidad, para sentirse parte de un grupo humano, para tomar parte en las actividades y para tener parte en las responsabilidades y las decisiones institucionales.[5]  


Para la reflexión personal y grupal

1-    En éste año académico, que estamos culminando ¿Te has empeñado a formar y acompañar ciudadanos/as, desde tu clase o asignatura, o te has reducido a ser un mero transmisor de contenidos o informaciones, tal vez, vacios de sentidos y significados?

2-    ¿De qué manera ha estado presente las realidades o problemáticas concretas del país en el proceso de aprendizaje y de interacción con tus partners en el aula o en la convivencia social dentro y fuera de la institución educativa?

3-    Nuestra forma de gestión de la comunicación humana, en el ambiente educativo escolar, ¿Suscita el deseo y la posibilidad de, formar parte, sentirse parte, tomar parte y tener parte en la Comunidad Educativa Escolar?


[1] Cfr. Premoli S. (2008), Pedagogie per un mondo globale. Culture, panorami dell’educazione, prospettive, Torino, EGA, pp. 188-190.
[2] Cfr. Delval J. (2006), Hacia una escuela ciudadana, Madrid, Morata, pp. 11-12.
[3] Cfr. Cheli E. (2005), Relazioni in armonia. Sviluppare l’intelligenza emotiva e le abilità comunicative per stare meglio con gli altri e con se stessi. Teorie, tecniche, esercizi, testimonianze (2ª Ed.), Milano, FrancoAngeli, p. 18.
[4] Cangià C. (2011), I media nella formazione dei consacrati, in J. M. Alday (Ed.), Nuovi media e vita consacrata, Milano, Àncora, p. 131.
[5] Cfr. Bisquerra R. (2008), Educación para la ciudadanía y convivencia. El enfoque de la educación emocional, Madrid, Wolters Kluwer, pp. 76-77.

martes, 1 de noviembre de 2011

Insieme nel cammino verso la nostra santificazione. Seguendo le orme di Don Bosco


Nel anno 1855, Domenico Savio (sei mese dopo di essere arrivato al Oratorio di Valdocco), sentì parlare D. Bosco sulla facilità di diventare santo in questi termini:

-        è volontà di Dio che tutti siamo santi,
-       è facile raggiungerlo, e
-       per quelli che si decidono diventare santi…nel cielo è preparato un gran dono.[1]

Domenico Savio dopo di sentire questa allocuzione fu preso da un profondo desiderio di incominciare un percorso di santificazione e tutto il suo cuore fu infiammato di Amore di Dio: “sento un grande desiderio e necessità di diventare santo”. 



Santità: è rimanere fedeli a Dio

Celebriamo oggi a tutti Santi, quelli che sono stati riconosciuti magisterialmente e quelli che non godono di questo “privilegio”. (e che forze sono molto di più di quel primo gruppo). I Santi sono quelli che in ogni tempo sono stati fedeli a Dio, e di conseguenza hanno marcato positivamente la storia umana con il loro comportamento cristiano sulle orme del Cristo risorto.

La festa di tutti Santi ci ricorda, per un verso, la nostra meta finale, e da un altro, il comune progetto di Dio per ciascuno di noi: vivere la perfezione evangelica nella carità. Nel libro del Levitico troviamo l’invito universale: “Siate santi, perché io il Signore vostro Dio sono Santo” (Lv. 19, 2).


Santità: è la vocazione universale dei battezzati

Nel documento della Lumen Gentium,[2] quando si parla sulla santità nella chiesa, si sottolinea con forza che la santità è la vocazione universale di tutti i battezzati: prescindendo dal suo stato vocazionale specifico, ogni cristiano perché rivestito del battesimo «sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità» (LG. N° 40)…e molti di più per noi consacrati, sacerdoti e religiosi.

Tanto nella prima lettura come nel vangelo ci troviamo con la rappresentazione biblica di questa chiamata universale:

San Giovanni apostolo nel libro dell’Apocalisse ci racconta che quelli che furono segnati con il sigillo  erano “una moltitudine immensa” (centoquarantaquattromila).

Anche nel vangelo, Matteo ricorre ad un’immagine per rappresentare la schiera di persone che cercano essere fedeli a Dio Padre portando una vita coerente all’insegnamento di Gesù: “Gesù vedendo le folle” salì sul monte e da quel posto egli ha offerto un programma di santità: le beatitudini.

La base e il fondamento di questo programma di santità troviamo nella lettera di San Giovanni: “quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio”.


Punti fermi per un percorso di santificazione

  1. La santità diventa per noi meta finale de la nostra vita, a partire da un progetto comune: vivere e condividere il vangelo nella vita quotidiana.
  2. A questo impegno tutti siamo chiamati a metterci in questo percorso di perfezione di vita evangelica e di carità.
  3. I santi sono tutti quelli fedeli a Dio e che hanno marcato positivamente la storia con la loro testimonianza di vita umana e cristiana.
  4. La santità è un percorso personale e comunitario che si materializza in un programma di vita concreto.
  5. L’essenziale in questo percorso di santità è l’esperienza di amore tra Dio e noi, e di conseguenza, esperienza di amore tra noi…per vivere ed esprimere la figliolanza divina nella fraternità.


Santità: percorso personale e comunitario (tutti, moltitudine, folle)

La santità è un percorso personale e anche comunitario che si materializza in un programma di vita concreto, che secondo San Paolo implica: «sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza» (Col. 3, 12).

Nella spiritualità salesiana questo programma si esprime nella: eucaristia e riconciliazione, nella preghiera e azione per e con gli altri, nell’equilibrio nella relazione affettiva ed emozionale, e nella serenità e allegria nella convivenza fraterna.

Don Pietro BROCARDO, nel suo libro Don Bosco, profondamente uomo, profondamente santo, sostiene che nostro fondatore esprimeva la sua santità personale nella sua umanità, cioè, Don Bosco, per la sua grande umanità  è sensibilità per i problemi giovanile è stato riconosciuto come un santo straordinario e originale[3].

Il articolo 2 della nostra costituzioni ci ricorda che «nel compimento della missione troviamo il camino della nostra santificazione». […] Di quale missione ci parla la Costituzione? Proprio quella che sottolinea non il fare ma il «essere nella chiesa segni e portatori dell’amore di Dio ai giovani, specialmente ai più poveri».[4] Ma…per essere “segni e portatori” siamo chiamati a vivere e accogliere l’amore di Dio nella nostra vita personale e comunitaria. Sentirci profondamente amati da Dio è una condizione fondamentale per incominciare un percorso di santificazione. Possiamo allora vivere la santità salesiana come una esperienza comunitaria di amore a Dio nei giovani più bisognosi[5] (Domenica XXX tempo ordinario).

Le costituzioni parla di un «cammino di santificazione» e cioè, è un processo che implica un percorso di crescita vissuto assieme agli altri. La comunità è una dimensione, ma è anche il “luogo” dove esprimere e testimoniare la santità salesiana.

Dunque…non possiamo essere santi, secondo la mentalità di Don Bosco, senza una esperienza di amore e condivisione con i giovani, a partire e sostenuto, da una ricca esperienza di fraternità nella comunità.

Sia lodato Gesù Cristo…


[1] Cfr. Bosco J. (1878), Biografia de Santo Domingo Savio, en Canal J.-A. Martinez (1995), San Juan Bosco. Obras fundamentales, Madrid, BAC, pp. 155-156.
[2] Cf. Vaticano II. Lumen Gentium, Cap. V. Vocazione universale alla santità nella chiesa. «Nella chiesa tutti quindi tutti siamo chiamati alla santità…» (LG. N° 39).
[3] Cfr. Brocardo P. (2001), Don Bosco. Profundamente hombre, profundamente santo, Madrid, CCS.
[4] Cfr. Const. Salesiana N° 2.
[5] Cfr. Mt. 22, 37-39: «Amerai il Signore Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente» […]. (e) Amerai il prossimo tuo come te stesso». Non possiamo amare Dio “nel” prossimo se non ci amiamo noi stessi. Siamo chiamati ad amare Dio “nel” prossimo. L’altro diventa una mediazione irrinunciabile nella esperienza di relazione con Dio.

viernes, 23 de septiembre de 2011

Nuevas ciudadanías desde el ejercicio y la praxis de la Educomunicación participativa


La tarea de las nuevas generaciones es aprender a [con]vivir no sólo en el amplio mundo de una tecnología cambiante y de un flujo continuo de información, sino ser capaces al mismo tiempo de mantener y refrescar también nuestras identidades locales. El desafío es poder desarrollar un concepto de nosotros mismos como ciudadano del mundo y conservar nuestra identidad local. […] La tarea central es crear un mundo que dé significados a nuestra vidas, a nuestros actos, a nuestras relaciones.[1]


La Educomunicación está empeñada y comprometida no sólo con la formación de “estudiantes” sino fundamentalmente está empeñada por la construcción de un nuevo perfil de ciudadano en vista a una renovada práctica y ejercicio de la ciudadanía (participativa, proactiva, efectiva y responsable). Al hablar de nueva ciudadanía, evidentemente, estamos hablando de la formación de nuevos sujetos sociales y políticos que estén comprometidos doctrinal y conductualmente en y por la construcción de una convivencia humana participativa desde las experiencias sociales compartidas.


¿Nuevas ciudadanías en tiempos de globalización?

Ante todo, debemos saber que las nuevas tecnologías interactivas pueden estar al servicio de una mayor participación ciudadana, pero al mismo tiempo, este instrumento en manos de personas con mentes “viciadas”, puede ser la expresión más renovada del “pensamiento único” o peor aún de un “único pensamiento” que no deja espacio para el diálogo, la confrontación, y el “inter-loquire” (hablar entre), es decir, la tecnología como expresión de un estilo de pensamiento unilateral, esencialmente dictatorial y perverso. Una segunda motivación, para proponer el ejercicio de nuevas ciudadanías en y desde el ambiente escolar, viene precisamente de nuestra preocupación por la «corrosión y la lenta desintegración de la ciudadanía»[2] misma. Existe una aparente y sentida indiferencia hacia lo social, el des-compromiso y la actitud de retirada en las relaciones sociales al interno de la comunidad.

Educomunicar para las nuevas ciudadanías

El ejercicio de un conjunto de nuevas ciudadanías, en tiempos de globalización cultural, pueden ser un importante referente que necesitamos para ir construyendo y vivenciando verdaderas prácticas de Educomunicación, en vista a «crear nuevos tipos de sujetos sociales y políticos para mejorar esa experiencia social compartida»[3] en la construcción del conocimiento, la participación social y la constitución personal. No cabe la menor duda que si nuestra propuesta formativa es de calidad, por ende, podrá promover competencias comunicativas para alcanzar una mayor independencia de juicio, análisis crítico y autónomo, en un contexto de diálogo constructivo en y desde la comunidad. Se educomunica para la nueva ciudadanía para que nuestros alumnos ciudadanos sean capaces de transformar las relaciones sociales que posibilite el arte del «aprender a convivir o vivir juntos»[4], además, para que puedan asumir un rol protagónico en la escuela y la sociedad.


Ciudadanías para aprender a convivir juntos:

Presentamos algunas expresiones de la nueva ciudadanía, que a nuestro criterio resultan emergentes, para “glocalizar” la experiencia formativa y relacional,[5] es decir, la radicación, la participación y el compromiso en el territorio local en apertura a las dinámicas globales. Revalorizando la dimensión local de la experiencia formativa se pretende hacer frente al peligro del desarraigo cultural y el alejamiento de las personas de las dinámicas sociales in-mediatas o directas.

Ciudadanía democrática

Formar ciudadanos democráticos, en el contexto educativo escolar, depende directamente de nuestra forma de relación y de comunicación en el proceso del aprendizaje. La transmisión unidireccional de la información, que realmente no podemos llamar conocimiento, es la expresión más evidente de un modelo comunicativo vertical de tipo top down. La adopción, promoción y el ejercicio de una metodología constructiva, compartida y participativa es la «expresión profunda de la cultura democrática»[6] en la institución educativa.

Ciudadanía social

Las últimas revueltas sociales que se han originados en el escenario político en muchas partes del mundo (Egipto, Londres, Chile) han dejados en clara evidencia la fuerza de convocatoria que poseen las comunicación digital y las redes sociales. Los espacios de encuentro inmaterial ha suscitado una movilización social hasta el punto de desmoronar instituciones y sistemas de gobierno de larga tradición dictatorial. Estos acontecimientos sociales reflejan, por un lado, que la comunicación mediata no diluye la sensibilidad ni la participación social, al contrario la aumenta y la renueva; y por otro lado, demuestra que los medios digitales e interactivos son realmente espacios de encuentro, de expresión y movilización social.

Ciudadanía digital

Las encuestas que se realizan en casi todos los países demuestran un dato que ya no sorprende a nadie: nuestros estudiantes invierten mucho tiempo en la experiencia de socialización online mediante las redes o comunidades sociales (social network). Otro dato evidente es la gran influencia que ejercen las nuevas tecnologías para el cambio y la movilización social. Las grandes manifestaciones y expresiones de protestas en los países convulsionados socio-políticamente se han originados en las redes sociales. Las redes sociales, además de ser medios, son lugares de socialización y del ejercicio activo de la nueva ciudadanía.

Ciudadanía intercultural

Vivimos en un contexto socio-cultural donde la convivencia con la diversidad es una nota dominante y una exigencia fundamental para construir un ambiente rico en humanidad y reconocimiento social. Hoy día, más que nunca, todos estamos llamados a aprender a respetar las diferencias de cualquier tipo. Construir relaciones de reconocimiento, desde la interacción y la comunicación intercultural, es clave para promover espacios compartidos para el encuentro, el consenso y la  negociación cultural.

Ciudadanía ambiental

El deterioro ambiental y ecológico debe suscitar el compromiso de todos por un modelo de desarrollo sostenible que apueste por el decrecimiento de nuestro estilo de consumo y de “explotación” de los recursos naturales. Debemos promover acciones e intervenciones, en todos los ámbitos, que nos lleven a incrementar el cuidado, la protección y la calidad del lugar natural de nuestra convivencia. La institución escolar debe promover todo tipo de intervenciones en su entorno natural. Ésta demostración de interés y compromiso en y por el territorio local es la mejor muestra de radicación de la escuela en su entorno.

Para la reflexión personal y grupal

1-    Al interno de nuestra institución educativa ¿Sobresale la cultura de la imposición y del temor como estrategia para “moldear” la conducta y la mente de nuestros estudiantes?
2-     ¿De qué manera nuestra institución educativa promueve y facilita el uso de las redes sociales para la movilización, la participación social y la radicación en su entorno?
3-    ¿Qué tipo de ciudadanía es la más desafiante para nuestra forma de gestión formativa? ¿Cuáles son las dificultades concretas para su concreción?.


[1] Cfr. Bruner J. (1999), La educación puerta de la cultura, Madrid, Visor, p. 9.
[2] Cfr. Bauman (2008), Individualmente insieme, Regio Emilia Italia, Diabasis, p. 75.
[3] Cfr. Imbernón F. (2002) (Coord.), Cinco ciudadanías para una nueva educación, Barcelona, Graó, p. 6.
[4] Cfr. Delors J. (1997), La educación encierra un tesoro, México, UNESCO, p. 79.
[5] Cfr. Beck U. (2008), ¿Qué es la globalización? Falacias del globalismo, respuestas a la globalización, Barcelona, Paidós, p. 69. La emergencia de la nueva ciudadanía es debido al fenómeno de la «nueva dimensión transnacional» […], suscitado por el proceso de globalización cultural y sostenido por las nuevas tecnologías, es decir una nueva forma de «vivir y actuar a la vez aquí y allí».
[6] Cfr. Bruner J. (2006), Actos de significado. Más allá de la revolución cognitiva, Madrid, Alianza, p. 47. 

miércoles, 15 de junio de 2011

Educomunicar para una “ciudadanía proactiva glocal”


P. Claudio Arévalos Coronel


Educomunicar para el ejercicio de la ciudadanía activa, efectiva y responsable es un proceso que se debe llevar a cabo, actualmente, en consonancia a la “nueva” dimensión humana existencial. La antropología dialogal e intersubjetiva siempre ha definido a la persona como un “ser en el mundo, con los demás y abierto a la trascendencia”.[1] Con la “revolución” de las nuevas tecnologías digitales e interactivas estamos empezando hablar de la persona como un ser “ínter-conectado”, donde la experiencia de la socialización, la formación y la participación ciudadana se realizan en un espacio de “doble interacción” (doubling of interaction), es decir en la integración entre la interconexión social online y la relación de interacción y de proximidad física inmediata (doubling of space). Estamos hablando entonces de una identidad que se construye y se desarrolla en red (Networked self), en un entorno de doble pertenencia existencial: global/local al mismo tiempo.

Socialización e identidad en red (Networked Self)

Llamamos “digital natives” (nativos digitales) a los jóvenes de la “Net Generation”, es decir aquellos nacidos en la época de la tecnología digital (born digital),[2] altamente mediatizados e insertos en un rico y plural ecosistema comunicacional. Lo propio de la nueva generación no es tanto el estar inmersos “con” los demás, sino más bien el hecho de estar en interconexión. Las tecnologías sirven de plataforma mediática y mediación cultural para la experiencia y el ejercicio de la socialización. La interconexión digital es pues una nueva forma de ser y de vivir la experiencia de la socialidad, porque existe la impresión en el imaginario colectivo, que en el nuevo contexto cultural que «si no se está conectado no se es nadie».[3] El networked self no se trata sólo de una nueva moda cultural o una ideología mediática, al contrario, estamos hablando de un nuevo modo de ser y vivir la ciudadanía. Este nuevo modo de ser social genera un nueva manera de actuar: la participación social proactiva glocal o el ejercicio de una ciudadanía en perspectiva global radicada y comprometida local y territorialmente.

Prosumers y post productor cultural glocalizado

Los jóvenes de la generación digital han dejado de ser meros receptores pasivos de la información y de los bienes culturales.[4] Los medios, por su lado, no son “simples instrumentos” porque se han convertidos en espacios de acción, de expresión, de ejercicio del poder económico, político y de mediación sociocultural. El fortalecimiento de la Web 2.0 ha permitido que los digital natives realicen su experiencia de construcción de si mismo y del conocimiento de forma mucho más interactiva y participativa, ellos no son simples “consumidores pasivos” de la información que circulan en la red, sino además son (re) productores/consumidores (prosumers)[5] creativos y post productores de bienes culturales, radicados en la experiencia local y conectado a nivel global. Actualmente la separación de esta doble dimensión existencial es casi imperceptible.[6]

El Papa Benedicto XVI reconoce, en su último mensaje para la jornada mundial de las Comunicaciones Sociales, que «las nuevas tecnologías no modifican sólo el modo de comunicar, sino la comunicación en sí misma, por lo que se puede afirmar que nos encontramos ante una vasta transformación cultural. Junto a ese modo de difundir información y conocimientos, [sostiene el Papa] nace un nuevo modo de aprender y de pensar, así como nuevas oportunidades para establecer relaciones y construir lazos de comunión»[7] en la convivencia social. En esta nueva forma de aprender y pensar el sujeto asume el pleno control de su conducta de modo activo, lo que implica la posibilidad de promoción de iniciativas creativas de manera responsable y autónoma. En este sentido los digital natives son potencialmente proactivos.  

Ciudadanía proactiva glocal

Hay algunos que siguen sosteniendo que en el actual contexto sociocultural que nos encontramos “debemos pensar globalmente y actuar localmente”.[8] No basta. Porque según nuestro parecer esta manera de concebir la ciudadanía es insuficiente y hasta cierto punto riesgoso por el hecho que promueve una ruptura en la manera de pensar, de aprender, de establecer relaciones de promoción sociopolítica y ambiental. Creemos que es mejor hablar de una “ciudadanía en perspectiva global radicada y comprometida local y territorialmente” (rooted global perspective).[9] La ciudadanía glocal se forma y se ejercita en un espacio de encuentro y diálogo negociado entre actores globales/locales, que promueven proyectos de cooperación, participación y solidaridad a nivel local, nacional, regional e internacional. Para activar este tipo de participación social es necesario pensar, comunicar y actuar siempre en simultáneo y de manera abierta y plural, a nivel local, nacional y mundial.

El pensamiento glocal es propio de la estructura cognitiva de los digital natives, quienes se caracterizan por un estilo de vida abierto, dialogante, conectivo y reticular. La emergencia de un nuevo estilo de ciudadanía nos debe ayudar a replantear nuestra intervención educativa, acorde a las nuevas exigencias existenciales de nuestros alumnos, de modo que esa sea realmente una “mediación cultural” que favorezca la capacidad de integración y convivencia entre las personas en este nuevo entorno existencial, y de esa forma, nuestros alumnos se comporten como auténticos ciudadanos o agentes proactivos de transformación social, de integración cultural, en vista a una convivencia humana más democrática, justa y solidaria.

El contexto cultural de interdependencia a escala planetaria entre la dimensión global/local exige entonces a la escuela ciudadana «formar un ciudadano glocal, radicado en el local pero igualmente abierto a las dimensiones planetarias».[10] Podemos llamar también a éste proceso globalización “desde abajo”, que para nosotros, se trata de una «ciudadanía glocal que, por un lado, interactúe en el ámbito transnacional mediante redes, asociaciones y organizaciones que sometan a discusión las políticas de cada estado, y por otro lado, actúe localmente construyendo relaciones y alianzas sociales que permitan construir modelos, no guetizados pero tampoco homologados, de un tipo distinto de relación hombre naturaleza»[11] en la sociedad contemporánea planetaria.

De consecuencia, la «educación a la ciudadanía entre local y global […] es un empeño pedagógico» […] irrenunciable por la emergencia de «construir el sentido de la común humanidad, reforzar el ligamen social, promover el sentido de comunidad en el pluralismo, cultivar el arte de la convivencia, en fin, inventar el vivir juntos en un mundo que ha resultado, al mismo tiempo, muy pequeño y muy grande»,[12] pero que requiere de manera “urgente” ser entendida y asumida para poder diseñar intervenciones eficaces de formación sociopolítica.



Pistas para la reflexión personal y grupal

1-    ¿Cómo educadores, somos conscientes que nos encontramos en un contexto de gran cambio cultural y tecnológico? ¿De que manera el cambio de la comunicación, generado por las nuevas tecnologías, influye en nuestra manera de pensar, aprender y actuar?

2-    ¿Cómo estamos promoviendo las competencias educomunicativas mediáticas (acceso, interacción y participación) desde el ambiente educativo escolar para el ejercicio de una ciudadanía proactiva glocal?

3-    ¿Estamos de acuerdo que la nueva tecnología digital interactiva están generando nuevos procesos de integración, de pertenencia y participación ciudadana? ¿De qué manera estamos preparando a nuestros alumnos para el ejercicio de este nuevo tipo de ciudadanía?


[1] Gevaert J. (2005). El problema del hombre. Introducción a la antropología filosófica (14ª Ed.), Salamanca, Sígueme.
[2] Piscitelli, A. (2009), Nativos digitales. Dieta Cognitiva, inteligencia colectiva y arquitecturas de la participación, Buenos Aires, Santillana, p. 46.
[3] Verdú V. (2006), Yo y Tú objetos de lujo. El personismo: la primera revolución cultural del siglo XXI, Barcelona, Debate, p. 190.
[4] Prensky, M. (2010), Teaching Digital Natives. Partnering for real learning, Corwin A SAGE Company (California), United States of America.
[5] El neologismo Prosumer es la contracción de los términos ingleses Producer y Consumer. Gracias al alto de grado de interactividad de las nuevas tecnologías, el mismo medio, ha generado un nuevo perfil de usuario, mucho más activo y creativo.
[6] Palfrey J.-Passer U. (2009), Nati con la rete. La prima generazione cresciuta su Internet. Istruzioni per l’uso, Milano, BURrizzoli, pp. 58-60.
[7] Mensaje del Papa Benedicto XVI para las 45 Jornadas Mundial de las Comunicaciones Sociales (05-06-2011). Ver en: (<http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/communications/documents/hf_ben-xvi_mes_20110124_45th-world-communications-day_sp.html>), visitado el 14-06-2011.
[8] Mayor información en: (<http://es.wikipedia.org/wiki/Piensa_globalmente,_actúa_localmente>), visitado el 14-06-2011.
[9] Premoli S. (2008), Pedagogie per un mondo globale. Culture, panorama dell’educazione, prospettive, Torino, EGA, pp. 188-190.
[10] Tosolini A. (2007), Educare il cittadino glocale, in A. Tosolini-S. Giusti-G. Papponi (a cura di), A scuola di intercultura. Cittadinanza, partecipazione, interazione: le risorse della societá multiculturale, Lavis (TN), Erickson, p. 33.
[11] Mayer M. (2002), Ciudadanos del barrio y del planeta, en F. Inbernón (Coord.), Cinco ciudadanías para una nueva educación, Barcelona, Graó, p. 92.
[12] Santerini M. (2009), Educazione alla cittadinanza tra locale e globale, en L. Luatti, Educare alla cittadinanza attiva. Luoghi, metodi, discipline, Roma, Carocci, p. 34.

miércoles, 4 de mayo de 2011

La Escuela ciudadana como lugar de formación sociopolítica


Para educomunicar para la ciudadanía activa, mediante la convivencia social democrática y participativa en el ambiente educativo escolar, se requieren ciertas competencias comunicativas a nivel institucional y a nivel de «talentos humanos»,[1] es decir, en cuanto a los actores directos de la gestión institucional. En este artículo nos ocupamos directamente de la competencia comunicativa institucional, evidentemente ésta no se logra a comprender separadamente de las competencias comunicativas personales. En concreto, para educomunicar para la ciudadanía activa, ante todo, se debe construir y animar una Escuela ciudadana, o sea, una Escuela inserta, radicada, comprometida y partícipe en el territorio local donde desarrolla su misión educativa.

Construir y animar una Escuela ciudadana

Una Escuela ciudadana es aquella que considera el contexto sociopolítico, cultural y ecológico como “lugar” de mediación e intervención por excelencia de la experiencia formativa. El territorio y la localidad de la convivencia social constituye la “mediación cultural” irrenunciable, por el hecho mismo que la experiencia humana es una realidad radicada o situada en una historia y cultura concreta. Hablar de mediación cultural es posicionarse en un paradigma comunicativo totalmente distinto al modelo mecanicista, funcional e informacional de la acción educativa. Construir, animar y gestionar una Escuela ciudadana implica la promoción de la comunicación participativa en el ambiente educativo.

La localidad como lugar desde donde construir la ciudadanía

El ejercicio de la comunicación participativa en la Escuela y en el entorno sociopolítico local es una de las condiciones para posicionar la intervención educomunicativa en clave de mediación social. Este proceso de participación ciudadana emerge a causa del peligro que el ambiente educativo se convierta en un «no-lugar».[2] Cuando hablamos del “no-lugar” en el ambiente escolar nos referimos concretamente a la ausencia del arraigo social, la nula implicación y pertenencia al territorio, debido a que el ambiente educativo es más bien un espacio de cruces, de flujos, de movilidad e inconstancia, de escurrimiento y de “relaciones fluidas” de poca duración. En este contexto emerge la necesidad de construir la comunidad escolar «como lugar y como espacio en el que aprender a ser ciudadano»[3] con profunda sensibilidad social, de modo a intervenir en los problemas sociales, políticos y ambientales.

El debilitamiento de la participación social en las acciones comunes a favor del sector más carenciado debe suscitar un renovado empeño por reconstruir el sentido social de la formación humana desde el ambiente escolar, dando calidad y densidad a los momentos de encuentros, de convivencia y de relaciones sociales en la experiencia de la comunión, de modo a responder educomunicativamente a «la fragilidad, la vulnerabilidad, la transitoriedad y la precariedad de los vínculos y redes humanos».[4] Una reforma educativa debe empezar, ante todo, por re-significar el lugar o el ambiente social comunicativo para que la experiencia del aprendizaje sea significativa en la vida de los educandos. El ambiente o lugar del aprendizaje resulta significativo cuando se favorece la participación activa, la expresión creativa y cuando existe el sentido del “nosotros” en la convivencia comunitaria.

Remediar la escuela en el contexto sociocultural glocal

En el concepto de «remediation»[5] encontramos la clave para efectuar la “reforma comunicativa” del sistema educativo escolar, y de esa forma, conseguir remodelar o reposicionar la escuela en el nuevo entorno cultural global/local. En el nuevo contexto cultural eminentemente interactivo y multimedial existe una certeza pedagógica, se trata de la convicción de que ningún “médium” puede actuar independientemente en la construcción y producción de los significados culturales. Remediar la Escuela significa sustituir de manera definitiva el modelo unidireccional, de tipo top-down, por un modelo más interactivo y participativo de la acción educativa.

Si pretendemos que nuestra Escuela sea significativa, en el contexto cultural contemporáneo, debe necesariamente “remediarse”, es decir, se debe dejar interpelar por las nuevas tecnologías interactivas en su manera de construir el conocimiento, en su forma de producción y gestión de la información. Además, la Escuela debe reposicionarse, en el contexto sociopolítico y en el ecosistema comunicativo, definiendo estrategias de integración y de cooperación, y no de competición o de oposición, con las nuevas agencias mediáticas de socialización.

Remediar la Escuela quiere decir en concreto renovar el paradigma comunicativo de la acción educativa y de la gestión institucional, de modo a responder al desafío de «formar ciudadanos y no solo alumnos»[6] que participen de manera activa, responsable y participativa en su entorno social.

Sugerencias para la reflexión

Si deseamos que nuestra institución educativa sea realmente una Escuela ciudadana debemos esforzarnos de que esa se inserte en el territorio local, se integre en el ecosistema comunicativo cultural, se involucre y participe en el proceso de construcción social de la realidad. Por tanto, debemos plantearnos:

1-    ¿De qué manera la realidad sociopolítica nacional está presente en el interior de la Escuela, y de qué manera la Escuela ayuda a interpretar correctamente las problemáticas sociales, identificando las causas reales de las situaciones de pobreza y marginalidad?
2-    ¿Cuáles son las instancias de encuentro, de ayuda, de cooperación y de integración que la Escuela establece con las demás agencias de socialización?
3-    ¿El tema de la inclusión social se reduce sólo en la aceptación acrítica de las nuevas formas de representación y expresión juvenil?
4-     ¿Cuáles son los indicadores sociopolíticos, culturales y ecológicos que demuestran que nuestra institución educativa es verdaderamente una Escuela ciudadana?


[1] Fuentes Martínez S. (2006), Comunicación para la gestión del cambio, en AA.VV, Comunicación organizacional. Cultura y gestión para el cambio, Ecuador, CIESPAL, p. 46. Preferimos usar éste término en cambio de “recursos humanos”, debido a que en esta perspectiva el factor humano es considerado como sujetos creativos, proactivos y protagonistas corresponsables de la misión educomunicativa.
[2] Augé M. (2008), Los no lugares. Espacios del anonimato. Una antropología de la sobremodernidad, Barcelona, Gedisa, p. 40. Los no-lugares «se trata de espacios en los que no se puede establecer ningún tipo de relación social […] no están caracterizados por la comunicación». Augé M. (2007), Por una antropología de la movilidad, Barcelona, Gedisa, p. 32.
[3] Martínez M.-C. Bujons (2001), Un lugar llamado escuela. En la sociedad de la información y de la diversidad, Barcelona, Ariel, p. 11.
[4] Bauman Z. (2007), Modernidad liquida, Buenos Aires, Fondo de Cultura Económica, p. 20.
[5] Entendemos la remediación como el «proceso cómo un médium remodela los otros medios precedentes» [...], o «la representación de un médium al interno de otro» Bolter J.-R. Grusin (2003), Remediation. Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi, Milano, Guerini Studio, pp. 44; 73. En este sentido las nuevas agencias mediáticas ayudan a reposicionar a la misma escuela en el nuevo ecosistema comunicativo.
[6] Delval J. (2006), Hacia una escuela ciudadana, Madrid, Morata, p. 12.