sábado, 30 de abril de 2011

La presenza fraterna in comunione come mediazione di riconoscimento del Cristo Risorto


Il vangelista Giovanni fedele al suo stile di narrazione nuovamente ci propone un insieme di segni con il proposito de farci capire che Gesú  è veramente Risorto ed è presente tra noi.

ANALISI DEI TESTI

Vi presento i seguenti segni identificati nel racconto che ci offre Giovanni:
-sera del primo giorno della settimana: centralità della domenica
-le porte chiuse
-timore che raduna agli discepoli: Tomasso dove è? La sua assenza è espressione di coraggio? La sua mancanza possiamo dire che è stata la sua debole appartenenza comunitaria?
-Gesú si mette in mezzo ai discepoli: centralità del Cristo Risorto
-Parole di Gesù: Pace a Voi! (tre volte)
-Soffio che fa Gesù: dono dello Spirito Santo
-Comando di perdonare i peccati
-Assenza di Tommaso: non c’era con i discepoli
-Tommaso si rifiuta a credere “per sentito dire”, e quindi esige i segni (chiodi: mani; lancia: costato).
-Otto giorni dopo: domenica giorno della manifestazione del Risorto.
-Presenza di Tomasso con i discepoli.
-Gesù venne all’incontro dei discepoli (appare tre volte lo stesso verbo):
o Porte chiuse
o Se mete in mezzo ai discepoli
o Dona la pace
-Parole di Gesu a Tommaso: è un rimprovero? Gesu chiede a Lui di essere credente e non incredulo. Allora che tipo di fede chiede Gesù ai discepoli?

INTERPRETAZIONE DELLA NARRAZIONE

Per impostare meglio la nostra riflessione dobbiamo domandarci: Quale è stato lo sbaglio o la mancanza di Tommaso? È stato il fatto di chiedere vedere i segni?

Penso proprio di non…quindi… possiamo dire che con la sua domanda agli altri discepoli di vedere i segni…ha espresso il suo profondo desiderio di avere anche l’ estesa esperienza in prima persona con il Risorto.

Anche Lui voleva vedere per credere, cosi come ha fatto lo stesso Giovanni, Pietro e Maria di Magdala. La domenica scorsa abbiamo sentito che lo stesso Giovanni, dopo di avere entrato al sepolcro, “vide e credette”. Allora il fatto di chiedere i segni che dimostrano la risurrezione del maestro non è stato motivo del “rimprovero” da parte di Gesù.

Per sostenere questa idea è importante analizzare come Gesù appare agli altri discepoli “paurosi”:
-Gesù venne incontro loro:
-Si mete in mezzo a loro:
-Parla con loro: pace a voi! Cioè, rasserena loro. 
-Mostra loro le mani e il fianco, cioè, i segni della risurrezione.
-Affida loro una missione concreta: perdonare i peccati.
-Soffio su loro: il dono dello Spirito Santo

Dopo che Gesù ha fatto tutto questo con i “discepoli paurosi”, appare in scena Tommaso…E con giusta ragione si rifiuta credere “per sentito dire”, perché appunto anche Lui vuole fare esperienza diretta con il Risorto…non gli basta le semplice parole degli testimoni paurosi.

Allora: da questa prospettiva, chiedere i segni della risurrezione, possiamo interpretare come un diritto di Tommaso. Gli altri hanno riconosciuto Gesù mediante:
-La presenza di comunione
-Le parole dello steso Gesù
-I segni concreti delle mani e della ferita del fianco.

A questo punto possiamo dire che la mancanza di Tommaso è stato la sua assenza con gli altri discepoli, cioè, il fatto di non essere presente con il gruppo, dove tutti vivevano con «un cuore solo e un’anima sola» (Att. 4,32).

Forse lo sbaglio di Tommaso è stato non il fatto di chiedere dei segni…ma la sua stessa incredulità oppure l’espressione di una fede troppo superficiale. Sarà che con questo racconto Gesú non ci sta chiedendo di esprimere e vivere una fede più radicale e profonda?

Possiamo dire che Tommaso non è stato perseverante alla vita di comunione della comunità, che si doveva esprimere nella fedeltà «all’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera» (Att. 2, 42), comune.

DUNQUE…nel comportamento di Tommaso il vangelista Giovanni vuole farci capire che:

-Tutti siamo chiamati di fare esperienza diretta con Cristo Risorto per riconoscere Lui nelle sue parole e nei suoi azioni.

- Siamo chiamati a testimoniare il risorto mediante la nostra presenza di comunione nella nostra convivenza quotidiana. È proprio la vita vissuta in unità, fraternità e pace l’espressione vera della presenza di Cristo Risorto.

- Nel comportamento di Tommaso scopriamo anche il desiderio profondo di fare esperienza  diretta e profonda della Parola vivificante del Risorto.

-Tommaso dopo l’esperienza di incontro in prima persona con il risorto è stato capace di esprimere una vera professione di fede: Mio Signore e mio Dio!. Possiamo dire che in questo momento Lui ha aperto il suo cuore alla azione dello Spirito Santo.

Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesú Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesú Cristo.

sábado, 23 de abril de 2011

Essere segno visibile, credibile e significativo del Cristo Risorto


Oggi celebriamo la risurrezione del Signore. La festa della Pasqua è la più importante di tutto l’anno liturgico. È una festa in cui siamo invitati a diventare i “segni visibili, credibili e significativi di Cristo Risorto nell’ambiente dove ci tocca convivere con gli altri.

Il vangelista Giovanni ci racconta il giorno della risurrezione valendosi da un insieme di segni, sarebbe interessante soffermarci su ognuno…ma il tempo non ci permette…e quindi mi permetto soltanto di elencare per poi sottolineare qualcun.

Il racconto comincia dicendo…
-       Il primo giorno della settimana: centralità della domenica
-       Quando ancora era buio…si tratta del grande mistero di un Dio che muore per amore.
-       Hanno trovato che la pietra era stata tolta…Gesú risorge per la potenza dello Spirito di Dio Padre.
-       E il sepolcro vuoto… no era meglio che Gesù apparisca di maniera spettacolare?
-       Maria di Magdala corse da Pietro per portare la Buona novella (colui che a negato 3 volte a Gesú) e Giovanni (il discepolo amato)
-       Pietro e Giovanni corrono al sepolcro dopo di ricevere la notizia (Pietro: piú lento, e Giovanni piú veloce).
-       Giovanni arriva per primo ma non entro nel sepolcro…perché?
-       Pietro giunse in ritardo e fu lui che entro per primo nel sepolcro
-       Pietro osservo i teli e il sudario avvolto in un luogo a parte…
-       Giovanni entro posteriormente: vide e credette che Gesú ha risorto.

Da questi insieme di segni ne prendo qualcun per elaborare la mia riflessione:

1-    Gesù risorto è pieno di potenza: “…la pietra era stata tolta dal sepolcro”.

La risurrezione di Gesù è potenza poiché ci concede la remissione dei nostri peccati. Infatti, con la sua passione egli ci ha ottenuto il perdono di tutti i nostri peccati, anche quelli più gravi. La vita di Cristo ci trasforma interiormente. Non viviamo più semplicemente al livello umano, ma abbiamo in noi un germe di vita nuova che ci trasforma e ci rinnova con la grazia e la potenza della risurrezione.

2-    Il Sepolcro vuoto

Il brano del Vangelo di Giovanni che appena abbiamo ascoltato in questo giorno della risurrezione non ha come protagonista il Risorto…ma il sepolcro da Lui lasciato vuoto.

Non vi sembra estraneo tutto questo? Noi che veniamo proprio per fare festa e celebrare la Risurrezione di Gesú…ma il Risorto non c’è…soltanto ci troviamo con i segni…allora cosa il vangelista vuole trasmetterci con questo racconto?

3- Giovanni arriva per primo, ma non entrò, fu “Pietro che entrò nel sepolcro”

L’evangelista fa notare che Giovanni, pur correndo più veloce e arrivando prima è pieno di rispetto per Pietro, lo considera veramente come il capo degli apostoli; perciò non entra subito nel sepolcro, ma fa entrare prima Pietro.

La comunità cristiana non è un insieme di persone che convivono anarchicamente, cioè dove ciascuno dei membri si crea delle regole di maniera autonoma e libera senza nessun riferimento, precludendo ogni forma di animazione e gestione in comune. San Paolo, quando parla della Comunità cristiana, utilizza l’esempio del corpo per spiegare che la Chiesa deve convivere in armonia e in comunione. Vivere e lavorare in comunione è il segno più convincente che Gesù è vivo presente tra noi.

4- Giovanni al vedere i teli e il sudario… “vide e credette”

La risurrezione di Gesù è stata l’evento che ha illuminato la mente e il cuore dei discepoli. Gesù risorto è sorgente di luce, di una luce molto confortante e positiva che ci dona un sguardo nuovo per scoprire i segni concreti che ci parlano della risurrezione di Gesù.

Gesù risorto è sorgente di luce e di vita nuova che deve manifestarsi in segni concreti, ossia nel nostro modo di pensare, di sentire, de agire e di amare vicendevolmente. Se esprimiamo pensieri, sentimenti e azioni nuovi anche noi diventiamo segni vivi e mediatori efficaci del Cristo Risorto.

Il sepolcro vuoto è il segno più evidente che tutti noi dobbiamo essere segni visibili, credibili e significativi di Cristo Risorto, prendendo l’esempio di: Maria di Magdala, Pietro e Giovanni, che furono i primi annunciatori e testimoni della risurrezione del Maestro.

Noi dobbiamo essere…mediatori e portatori della Risurrezione di Gesú. E per essere segni vivibili, credibili e significativi dobbiamo vivere già da “uomini nuovi” mediante una vita rinnovata, essendo annunciatori di parole, atteggiamenti e comportamenti rinnovati.

Noi dobbiamo metterci nella stesa frequenza d’onda della vita dei primi cristiani post pasquale. Il vangelista Luca negli Atti degli Apostoli ci presenta una bella descrizioni di coloro che hanno creduto veramente in Cristo Risorto.

Dice Luca, parlando dei primi cristiani: «erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (Att. 2, 42).

Dunque per essere segni visibili, credibili e significativi di Cristo Risorto…dobbiamo:
-       ascoltare e obbedire l’insegnamento del nostro pastore,
-       in unione fraterna di spirito e azione…formando «un cuore solo e un’anima sola» (Att. 4,32)
-       condividendo la frazione del pane attorno ad una unica mensa eucaristica
-       animati dalla preghiera personale e comunitaria.

Questi devono essere i nostri atteggiamenti in questo tempo pasquale perché veramente possiamo diventare segni visibili, credibili e significativi del Cristo Risorto, e proprio da questi segni gli altri possono riconoscere che Gesú è veramente risorto ed è presente nella nostra famiglia e nella nostra comunità parrocchiale.

Essere segno del Cristo Risorto nella famiglia implica costruire un ambiente relazionale nel dialogo, nel rispetto, nella comprensione e nel perdono vicendevole.

Essere segno del Cristo Risorto nella comunità parrocchiale implica assumere un atteggiamento positivo, vivendo con generosità e collaborazione con i bisogni proprio della parrocchia, praticando la carità, l’amore fraterno e la condivisione in comunione di azione e di spirito.

Il Signore è risorto, alleluia! Rallegriamoci ed esultiamo in Lui: impegnandoci ad essere segni visibili, credibili e significativi del Cristo Risorto. 

viernes, 22 de abril de 2011

VIA CRUCIS: Accompagnare Gesù verso la sua crocifissione e morte


La preghiera del via crucis de quest’anno è stata preparata per due monache agostiniane, ambedue appartengono al mondo monastico della famiglia spirituale di Santo Agostino, colui che incoraggiava ad attaccarsi alla croce di Gesú dinanzi alle sofferenze della vita.

La suora agostiniana Maria Rita Piccione ci ricorda nella presentazione del via crucis, preparata da Lei e che abbiamo seguito, che questa preghiera cristiana «non è una semplice pratica di devozione popolare con venatura sentimentale, essa [sostiene la suora] esprime l’essenza dell’esperienza cristiana», perchè appunto ci riporta alle parole stesse di Gesù, quando il maestro diceva ai suoi discepoli: «se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mc. 8, 34).

Dunque…possiamo dire allora che appena “abbiamo di qualche maniera messo in pratica l’insegnamento di Gesù”, perché siamo stati disponibili ad accompagnare l' “umile Gesù” nel suo cammino verso la croce. L’accompagnare Gesù verso la croce è un continuo seguire il suo esempio di vita, di credere veramente nel suo insegnamento e soprattutto di entrare in comunione con Lui tramite la preghiera. In concreto, rivivere il cammino della croce è allora vivere un progetto di vita centrata nel seguire, nel credere e nel pregare con Gesù.

Vorrei sottolineare alla fine del nostro via crucis comunitario una certezza di vita personale, penso che più che accompagnare Gesù nella nostra vita quotidiana, dobbiamo prendere un stile di vita segnata dalla presenza del umile Gesù, che ha passato tutta la sua vita donandosi e testimoniando di parole e azioni la presenza amorosa di Dio Padre per l'umanità intera, senza fare nessuna distinzione.

Il nostro accompagnare Gesù verso la sua crocifissione e morte ci deve aiutare a prendere coscienza che oggi è proprio Lui che ci accompagna ed è presente nel nostro cammino di vita personale e comunitaria, vita che a volte è segnata anche di sofferenze, rifiuti, incomprensioni, dolori, ecc. La croce di Gesù deve aiutarci a capire il senso della nostra sofferenza ed assumere le nostre croce quotidiane, per far diventare occasione di vita nuova.

Nel seguire l’umile Gesù sofferente, crocifisso e morente esperimentiamo veramente il grande amore di Dio per ciascuno di noi, perché persino Dio com-patisce con noi le nostre sofferenze. In Gesù di Nazaret Dio stesso sofre con noi e per i nostri dolori.

La croce di Gesù è il vero sacramento del amore perché è l’espressione della donazione totale e gratuita. Che l’esempio di Maria sua madre ci aiuti a restare fedele ai piedi della croce come espressione anche del nostro amore verso il nostro redentore e Signore Gesù Cristo.

VENERDI SANTO: stare ai piedi della croce di Gesù


In questo giorno di Venerdì Santo riflettiamo sulla passione di Gesù, la sua sofferenza, suoi ultimo dolori, ma soprattutto le sue ultime parole pronunciate dalla sua stessa croce. Per accogliere gli ultimi messaggi di Gesù per noi dobbiamo concentrarci su tre frasi pronunciate da Lui:


1-   Padre, se è possibile allontana da me questo calice…

Il segno che dimostra che Gesù è stato profondamente umano come tutti gli uomini è che anche lui fino l’ultimo momento ha esperimentato il sentimento della paura dinanzi alla sofferenza, ai dolori e la morte. Ma allo steso tempo si è affidato totalmente al disegno del Padre…dicendo: “tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”.

Questa à la preghiera che anche noi dobbiamo fare al Padre quando ci troviamo pressi dalla sofferenza, dal dolore, dalla malattia…Quante volte invece di assumere con serenità queste situazione cominciamo a rinnegare e persino a prendere distanza da Dio stesso.

A volte dinanzi alle nostre sofferenze personale subito ci diciamo a noi stessi: Signore perché proprio io? Oggi proprio siamo invitati a formulare altre domande:

-      Gesù ci invita a passare dal perché questo dolore?, sofferenza o scomparsa da qualcuno che vogliamo bene. Non sapremo mai i misteri della vita umana.
-      Siamo invitati allora a domandarci Per chi soffrire?, intuire il senso della sofferenza ci aiuta a metterci nella prospettiva della fede.
-      Più importante ancora è sapere Con chi soffrire? Quando associamo le nostre sofferenze alla croce di Gesù incominciamo a credere che la vita non finisce con la sofferenza e con la morte, ma che queste esperienze risulta un passaggio necessario per partecipare assieme a Gesù la sua gloria.

Gesù ci insegna in questo venerdì santo a dire: Non sia fatta la mia volontà bensì la tua Dio Padre.

2-   Dio mio perché mi hai abbandonato…

In questa espressione di Gesù troviamo il grido disperato di tante persone umane che non trovano aiuto e sostegno in certi momenti. Dio Padre non ha lasciato “solo” al suo Figlio, bensì ha fatto che la sua stessa madre rimanesse ai piedi della croce accompagnata dal discepolo che si è sentito amato profondamente da Gesù. Questa è la dimostrazione più evidente che anche Dio non ci abbandonerà mai.

Restare fedele a Gesù è stare presente con lui ai piedi della croce, presenza che è l’espressione più bella di amore e di fedeltà.

3-   Ho sete…tutto è compiuto…

Nel momento che Gesù dice: “Tutto è compiuto”, svolge, prima di consegnare lo spirito, il suo ultimo sguardo verso Dio Padre che lo accoglie perché Lui è stato fedele persino ai momento de grande tentazioni e solitudine.

Ma nel momento che Gesù dice: “Ho sete”, ci rendiamo conto che persino qui gli uomini l’anno rifiutato per l’incredulità e sordità. L’aceto è il segno che gli uomini, cioè ciascuno di noi, non hanno capito che la vita donata per amore è un dono di salvezza.

Riflettere sulla passione di Gesù ci aiuta allora a vivere i momenti di dolori come una forma di compartecipazione alla sofferenza patita da Cristo per la nostra salevezza.

L’esempio di vita de Maria possa insegnarci oggi che stare vicini a chi soffre è l’espressione più bella del sostegno affettivo e la risposta de amore verso colui che si ha donato totalmente per la intera umanità.