lunes, 22 de marzo de 2010

Imparare a relazionarsi è segno di volontà di vita nuova...



Relazionarsi con gli altri è un arte che, come tutte le arti, va imparata



Sto lavorando sul tema dell'esperienza "face to face" o della comunicazione interpersonale, quindi vi presento qualche righe pressi dal libro di Enrico Cheli che mi pare interessante e sommamente emergente. Lui propone queste cose:



1- Imparare a relazionarsi 

2- Per una comunicazione "sana" è necessario passare dall'egocentrismo alla consapevolezza dell'altro

3- Comunicare = esprimere + ascoltare attivamente



Possiamo rappresentare questa contemporaneità tra espressività e ascolto mediante il simbolo taoista del Tai Chi Tu che rappresenta l'interazione dinamica tra i principi opposti e complementari Yin (lato femminile della comunicazione) e Yang (lato maschile della comunicazione).

Spiegazione del simbolo:

- Metà bianca: è l'espressività.  Qui c'è una piccola area rotonda nera che ci ricorda che mentre esprimiamo possiamo e dobbiamo anche ascoltare: ascoltare noi stessi e ascoltare/osservare le reazioni dell'altro.

- Metà nera: è l'ascolto. Qui c'è il cerchietto bianco e ci ricorda che mentre ascoltiamo esprimiamo al contempo molti messaggi non verbali: segnali di attenzione, di contatto, di approvazione, ma anche di disattenzione o di dissenso.



Riflettere su queste affermazioni...


"Le relazioni con gli altri incidono a fondo sul nostro benessere psicofisico e possono renderci felici a realizzati oppure amareggiati, irritati, depressi, fino anche a favorire l'insorgere di vere e proprie patologie psicosociali, psicoemotive e psicosomatiche" (Cheli, 2008, p. 1)



"Ci troviamo in una fase di transizione in cui le persone desiderano orientare le loro relazioni in funzione di nuovi bisogni, nuove speranze, nuovi valori, ma ancora non hanno imparato nuove e più adeguati modi di comunicare e relazionarsi e soprattutto non hanno sviluppato la capacità di autodeterminarsi, usando la propria consapevolezza per compiere le scelte, invece si seguire ciecamente vie prestabilite da altri" (Cheli, 2008, p. 42).



Sette passi per trasformare le proprie relazioni: (Cheli, 2008, pp. 46-48)



"I rapporti  interpersonali come specchio dei rapporti con se stessi"


1- Riconoscere che ci sono un problema e un disagio: se non si riconosce che le cose non vanno bene come si vorrebbe e si finge che tutto vada per il meglio non avremo alcuna motivazione a cambiare.

2- Sapere che si può migliorare e che non è mai troppo tardi per farlo.

3- Venire a conoscenza delle cause socioculturali, psicologiche e comunicazionali di tali problematiche.

4- Acuire la consapevolezza di sè, cioè la capacità di portare attenzione cosciente a ciò che avviene dentro e fuori di noi, di rendersi conto di quanto accade in noi e attorno a noi nel momento stesso in cui accade e con distacco emotivo, cioè come se lo si guardasse dall'esterno. [...] Solo comprendendo le proprie reazioni emotive e conflitti interiori si potranno davvero comprendere quelli degli altri; solo prendendo coscienza delle proprie maschere si potranno aiutare gli altri a liberarsi dalle loro, così da instaurare una relazione veramente spontanea, sincera e costruttiva.

5- Capacità di osservare distaccatamente le altre persone e le situazioni relazionali che ci troviamo a vivere con loro.

6- Prendere le distanze dalle proprie abitudini comunicativo-relazionale, disidentificandosene.

7- Sviluppare un atteggiamento fiducioso e positivo nei confronto dell'esistenza, vedendola come una continua fonte di apprendimento i cui ogni accadimento, ogni situazioni, ogni relazioni può insegnarci qualcosa sulla vita e soprattutto su noi stessi.

Per approfondire di più: Cheli E. (2008), Le relazioni interpersonali, Milano, Xenia.

jueves, 18 de marzo de 2010



10 anni di prete!
18-03-2000/2010


Moto sacerdotale:



“El Espíritu del Señor está sobre mí, porque Él me ha ungido, para que dé la Buena Noticia a los pobres”. (Lc. 4, 18).



LA COMUNITÀ LUOGO (crescita umana) DELLA TESTIMONIANZA
(non-luogo: Spazio dell’anonimato, della mobilità, dell’incrocio - Termini)
-La settimana scorsa abbiamo sentito al proprio predicatore del Papa (grande il titolo/),
-Domani verrà il vicario D. Bregolin …
-Ma oggi… dovresti accontentarvi con le mie umili parole


KEY WORDS della omelia: comunità, testimonianza, umanità e San Giuseppe.


INTRODUZIONE:

In questo mese (marzo) abbiamo celebrato
compleanni di: Roberto Ruiz (5); Mario Leyton (10); Javier Rivas (21); Sebastian Alaertes (28)
Aniversario sacerdotale di: Gustavo Cavagnari e Claudio Arèvalos Coronel (10 anni).


Don Dal Covolo ci ha detto: le cose vere, ma…secondo me, penso che nelle situazioni che ci troviamo nella comunità è ancora “inverno” per seminare i seme della santità: tenterò di riflettere sul perché…


Spero non fare delle affermazioni contro le “verità dogmatiche”, ma…penso che quello che dirò, almeno per me, è importante. Io sono convinto che non possiamo tendere verso la santità se trascuriamo la dimensione relazionale e umana della nostra vita comunitaria e del nostro rapporto interpersonale. “Prima di essere santo dobbiamo essere umano”


La mia riflessione gira in torno al PERCHÉ? Ci sono tante perché che io non capisco…certe incoerenze, ambizioni inutili, forme di gestioni obsoleti, atteggiamenti che attentano lo spirito di famiglia…

I- SGUARDO SULLA NOSTRA REALTA: la parola di Dio no cade in un vuoto esistenziale.


Noi ogni giovedì ci impegniamo a vivere e celebrare “il giorno comunitario” (persino qualche giovedì siamo stati “infedele” al digiuno quaresimale), ed, a questo punto mi domando: PERCHÉ tutto questo? E Mi faccio queste domande:
- Celebriamo veramente una realtà viva della comunità o è soltanto una pia intenzione?
- La nostra vita spirituale è espressione della nostra vita fraterna?
- La nostra vita fraterna è una prolungazione della nostra vita spirituale?
- Non ci sono qualche distorsioni tra queste due dimensioni?

II- CONFRONTO CON LA PAROLA: (Gv 5, 31-47)


Questo brano del vangelo fa parte del Cap. 5 dove viene raccontato la presenza di Gesù in Gerusalemme (città che rappresenta il Tempio, il Culto e la Legge). Gesú guarisce un infermo proprio in sabato e va contro le prescrizioni della legge dei giudei. Questo è un segno che per GESÙ “la persona” è al centro della sua missione e non la legge neanche le norme. Facendo questo, Gesù rivela la falsità dei farisei.


PERCHÉ il vangelista GIOVANNI mette nella bocca di GESU 10 volte la parola TESTIMONIANZA: (17 versetti) mica che sia una casualità…
- 5 volte in rapporto ad un altro: Giovanni Batista
- 2 volte si riferisce a Gesú stesso
- 2 volte alle opere da compiere
- 1 volta a Dio Padre
- 1 volta alla Scrittura
Da queste referenze che ci da il vangelista possiamo ipotizzare che la TESTIMONIANZA personale e comunitaria ha a che vedere con:
- quello che gli altri dicono di noi: relazione di alterita
- quello che noi pensiamo de essere: coerenza personale
- quello che dobbiamo fare: dedizione al nostro impegno
- quello Dio ci chiede: obbedienza alla volontà divina
- quello che la Sacra Scrittura ci suggerisce ogni giorno: discernimento personale


Vorrei sottolineare soltanto quello che si riferisce alla dimensione relazionale. Gesú dice ai giudei: “Voi non volete venire a me per avere vita, perché: non avete in voi l’amore di Dio”.


L’ascolto della voce di Dio Padre, “è mediatizzato”, cioè, passa attraverso la voce del altro (Giovanni). Per tanto, per interpretare profondamente questa PAROLA, non è sufficiente l’intelligenza logica, ma soprattutto c’è bisogno dell’apertura di cuore e l’intelligenza relazionale:


Sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo…»

San Giuseppe è stato chiamato il “Santo del silenzio”. Nel vangelo non appare le sue parole, conosciamo la sua figura per le sue opere, suoi atteggiamenti, l’espressione del suo amore, il suo ruolo di protettore, guida, e padre responsabile e sempre presente nella sua famiglia.

Il silenzio di San Giuseppe non è espressione di complesso, di diffidenza o di timidezza. Il suo silenzio è stato, forse la competenza relazionale più ricca di un guida saggio ed autorevole, perché ha saputo assumere il ruolo di un ascoltatore attivo. Il suo silenzio è un silenzio rispettoso degli altri, un silenzio che è espressione di una persona che sa misurare le sue parole con prudenza e saggezza.

“San Giuseppe è stato un guida autorevole perché ha saputo entrare in relazione ascoltando attivamente”


Allora…a questo punto Io aggiungo un altro elemento: per ascoltare la voce di Dio nella voce degli altri, ci vuole l’intelligenza emotiva o relazionale.

In altre parole, dobbiamo essere capace di interpretare la realtà dalla prospettiva degli altri, avere la capacità di metterci nella situazione dell’altro. Questo significa compatire: soffrire con gli altri. Questa è la testimonianza che Gesú ha predicato e ci ha dimostrato nella sua vita.

Penso che la dimensione umana della testimonianza passa attraverso della buona relazione con gli altri, che si esprime: nel modo di trattare le persone, nello stilo di comunicazione che stabiliamo, nella forma de gestire un gruppo umano e una istituzione.

III- SFIDA PERSONALE E COMUNITARIA


In questo tempo di quaresima siamo invitati ad ascoltare la VOCE DI DIO e la VOCE DEI CONFRATELLI per continuare e portare ad un buon fine nostro percorso di conversione…(così ci ha detto il predicatore la settimana scorsa), questo è vero…ma
Penso che ci sia ancora insufficiente perché connota (secondo me) un dualismo spirituale, soprattutto perché, c’è il rischio di sottovalutare la voce degli altri (confratelli) e dare più importanza ad una spiritualità disincarnata.

NOI DOBBIAMO ascoltare la voce di DIO nella VOCE DEGLI ALTRI, cioè nella voci dei CONFRATELLI (questo è per noi un imperativo della vita comunitaria) (voce che non si riduce soltanto alle parole…ma anche ai linguaggi non verbale.. e soprattutto il linguaggio prosemico)


FINISCO: riportando le parole di: Don Pietro Brocardo nel suo libro: “Don Bosco profondamente uomo, profondamente santo”: 


«Don Bosco è stato santo perché ha vissuto profondamente la dimensione umana. Lui è stato un segno celeste che irradia luce con il suo essere, con quello che fa e con quello che dice».