martes, 1 de noviembre de 2011

Insieme nel cammino verso la nostra santificazione. Seguendo le orme di Don Bosco


Nel anno 1855, Domenico Savio (sei mese dopo di essere arrivato al Oratorio di Valdocco), sentì parlare D. Bosco sulla facilità di diventare santo in questi termini:

-        è volontà di Dio che tutti siamo santi,
-       è facile raggiungerlo, e
-       per quelli che si decidono diventare santi…nel cielo è preparato un gran dono.[1]

Domenico Savio dopo di sentire questa allocuzione fu preso da un profondo desiderio di incominciare un percorso di santificazione e tutto il suo cuore fu infiammato di Amore di Dio: “sento un grande desiderio e necessità di diventare santo”. 



Santità: è rimanere fedeli a Dio

Celebriamo oggi a tutti Santi, quelli che sono stati riconosciuti magisterialmente e quelli che non godono di questo “privilegio”. (e che forze sono molto di più di quel primo gruppo). I Santi sono quelli che in ogni tempo sono stati fedeli a Dio, e di conseguenza hanno marcato positivamente la storia umana con il loro comportamento cristiano sulle orme del Cristo risorto.

La festa di tutti Santi ci ricorda, per un verso, la nostra meta finale, e da un altro, il comune progetto di Dio per ciascuno di noi: vivere la perfezione evangelica nella carità. Nel libro del Levitico troviamo l’invito universale: “Siate santi, perché io il Signore vostro Dio sono Santo” (Lv. 19, 2).


Santità: è la vocazione universale dei battezzati

Nel documento della Lumen Gentium,[2] quando si parla sulla santità nella chiesa, si sottolinea con forza che la santità è la vocazione universale di tutti i battezzati: prescindendo dal suo stato vocazionale specifico, ogni cristiano perché rivestito del battesimo «sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità» (LG. N° 40)…e molti di più per noi consacrati, sacerdoti e religiosi.

Tanto nella prima lettura come nel vangelo ci troviamo con la rappresentazione biblica di questa chiamata universale:

San Giovanni apostolo nel libro dell’Apocalisse ci racconta che quelli che furono segnati con il sigillo  erano “una moltitudine immensa” (centoquarantaquattromila).

Anche nel vangelo, Matteo ricorre ad un’immagine per rappresentare la schiera di persone che cercano essere fedeli a Dio Padre portando una vita coerente all’insegnamento di Gesù: “Gesù vedendo le folle” salì sul monte e da quel posto egli ha offerto un programma di santità: le beatitudini.

La base e il fondamento di questo programma di santità troviamo nella lettera di San Giovanni: “quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio”.


Punti fermi per un percorso di santificazione

  1. La santità diventa per noi meta finale de la nostra vita, a partire da un progetto comune: vivere e condividere il vangelo nella vita quotidiana.
  2. A questo impegno tutti siamo chiamati a metterci in questo percorso di perfezione di vita evangelica e di carità.
  3. I santi sono tutti quelli fedeli a Dio e che hanno marcato positivamente la storia con la loro testimonianza di vita umana e cristiana.
  4. La santità è un percorso personale e comunitario che si materializza in un programma di vita concreto.
  5. L’essenziale in questo percorso di santità è l’esperienza di amore tra Dio e noi, e di conseguenza, esperienza di amore tra noi…per vivere ed esprimere la figliolanza divina nella fraternità.


Santità: percorso personale e comunitario (tutti, moltitudine, folle)

La santità è un percorso personale e anche comunitario che si materializza in un programma di vita concreto, che secondo San Paolo implica: «sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza» (Col. 3, 12).

Nella spiritualità salesiana questo programma si esprime nella: eucaristia e riconciliazione, nella preghiera e azione per e con gli altri, nell’equilibrio nella relazione affettiva ed emozionale, e nella serenità e allegria nella convivenza fraterna.

Don Pietro BROCARDO, nel suo libro Don Bosco, profondamente uomo, profondamente santo, sostiene che nostro fondatore esprimeva la sua santità personale nella sua umanità, cioè, Don Bosco, per la sua grande umanità  è sensibilità per i problemi giovanile è stato riconosciuto come un santo straordinario e originale[3].

Il articolo 2 della nostra costituzioni ci ricorda che «nel compimento della missione troviamo il camino della nostra santificazione». […] Di quale missione ci parla la Costituzione? Proprio quella che sottolinea non il fare ma il «essere nella chiesa segni e portatori dell’amore di Dio ai giovani, specialmente ai più poveri».[4] Ma…per essere “segni e portatori” siamo chiamati a vivere e accogliere l’amore di Dio nella nostra vita personale e comunitaria. Sentirci profondamente amati da Dio è una condizione fondamentale per incominciare un percorso di santificazione. Possiamo allora vivere la santità salesiana come una esperienza comunitaria di amore a Dio nei giovani più bisognosi[5] (Domenica XXX tempo ordinario).

Le costituzioni parla di un «cammino di santificazione» e cioè, è un processo che implica un percorso di crescita vissuto assieme agli altri. La comunità è una dimensione, ma è anche il “luogo” dove esprimere e testimoniare la santità salesiana.

Dunque…non possiamo essere santi, secondo la mentalità di Don Bosco, senza una esperienza di amore e condivisione con i giovani, a partire e sostenuto, da una ricca esperienza di fraternità nella comunità.

Sia lodato Gesù Cristo…


[1] Cfr. Bosco J. (1878), Biografia de Santo Domingo Savio, en Canal J.-A. Martinez (1995), San Juan Bosco. Obras fundamentales, Madrid, BAC, pp. 155-156.
[2] Cf. Vaticano II. Lumen Gentium, Cap. V. Vocazione universale alla santità nella chiesa. «Nella chiesa tutti quindi tutti siamo chiamati alla santità…» (LG. N° 39).
[3] Cfr. Brocardo P. (2001), Don Bosco. Profundamente hombre, profundamente santo, Madrid, CCS.
[4] Cfr. Const. Salesiana N° 2.
[5] Cfr. Mt. 22, 37-39: «Amerai il Signore Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente» […]. (e) Amerai il prossimo tuo come te stesso». Non possiamo amare Dio “nel” prossimo se non ci amiamo noi stessi. Siamo chiamati ad amare Dio “nel” prossimo. L’altro diventa una mediazione irrinunciabile nella esperienza di relazione con Dio.