viernes, 26 de noviembre de 2010

La cultura come sistema di valori

«Non vi è comunicazione senza cultura, così come non vi è cultura senza comunicazione»


L’identità personale e collettiva è (ri) costruita momento per momento nella comunicazione e nella relazione interpersonale.

Al cuore di una cultura si collocano i valori. I valori sono l’espressione della desiderabilità a un qualche livello, ma anche essi, costituiscono credenze che fanno riferimento a scopi desiderabili e alle condotte opportune per il loro conseguimento.




Lo studio delle dimensioni culturali dei valori ha condotto all’elaborazione di diversi tipologie. Presentiamo una tipologia che prevede tre assi fondamentali:






1-    Conservatorismo-autonomia: nelle culture fondate sul conservadurismo l’individuo è considerato come inserito in una collettività e sono privilegiati i valori dell’ordine sociale, della solidarietà, del rispetto per la tradizione e dell’autodisciplina. Per contro nelle culture basate sull’autonomia la persona è considerata come un’entità separata che trova significato nella sua unicità ed esclusività.

2-    Gerarchia-egualianza: nelle culture con alta gerarchia le persone sono educate e sanzionate ad adeguarsi agli obblighi e alle norme del loro ruolo e la distribuzione diseguale del potere e delle risorse è considerate legittima. Per contro, nelle culture con alta eguaglianza gli individui, ritenuti eguali nei loro diritti e doveri, sono socializzatti verso la cooperazione volontaria con gli altri e a superare i propri interessi egoistici.

3-     Padronanza-armonia: nelle culture con alta padronanza, le persone cercano attivamente di gestire e di cambiare il mondo fisico e sociale e sono orientate ai valori dell’affermazione di sé. Per contro le culture con alta armonia accettano il mondo com’è e sottolineano il senso di unità con l’ambiente e con la natura.

Sulle base di queste dimensioni emerge una sostanziale differenza fra le culture occidentali (valori elevati in Autonomia ed Eguaglianza, bassi in Gerarchia e Conservatorismo) e quelle orientali (situazione rovesciata).

Questa tipologia ci mostra che ci sono differenze fra gli stili comunicativi di culture diverse:

1-    Comunicazione a bassa contestualizzazione: culture occidentali.

-       È caratterizzata dall’adozione di un codice, da una modalità diretta e da una formulazione precisa degli enunciati.

-       È una comunicazione aperta, che fa poco affidamento sulle informazioni contestuali e che cerca di fornire all’interlocutore tutte le conoscenze necessarie per comprendere il messaggio.

-       Il silenzio è uno spazio da riempire e la sua presenza può creare imbarazzo

-       Le culture individualistiche, inclini a parlare, presentano una maggiore aderenza a forme di comunicazione a bassa contestualizzazione cercando di conseguire chiarezza ed efficacia, con l’obiettivo di ottenere affezione, soddisfazione e senso di appartenenza.
  
2-    Comunicazione ad alta contestualizzazione: culture orientali.

-       È qualificata da uno stile indiretto e da una modalità implicita, spesso vaga, in cui il  parlante dà per scontato che l’interlocutore conosca già la situazione e la sua intenzione.

-       Fa molto affidamento sulle informazioni aggiuntive proveniente dal contesto, è piuttosto concisa, lasciando all’interlocutore la libertà di intendere il discorso in atto.

-       Il silenzio ha un preciso valore comunicativo per indicare fiducia, discrezione sociale, protezione dall’imbarazzo e sfida.

-       Le culture collettivistiche prestano maggiore attenzione al comportamento e allo status sociale dell’altro, più attente nell’evitare di urtare i sentimenti altrui e di imporre il proprio punto di vista.

Cfr. Anolli L. (2000), Psicologia della Comunicazione, Bologna, Il Mulino, pp. 89; 99; 100-101.

sábado, 20 de noviembre de 2010

Lasciarsi amare da Gesù...è lasciare regnare Lui

Nostro signore Gesù Cristo Re dell’universo

Celebriamo in questa settimana la regalità di Cristo, cioè, Gesù come Signore e Re dell’universo. Concludendo l’anno liturgico con questa celebrazione, presentiamo a Cristo, come fosse un tributo accuratamente preparato, i frutti dell’anno che finisce, riconoscendo la sua presenza, il suo aiuto e la sua amicizia. Stiamo anche nella soglia dell’avvento, tempo che ci prepara per l’incontro tra Dio e l’uomo, e tra l’uomo e Dio. Dio si avvicina all’umanità ed a ciascuno di noi, ma anche noi, dobbiamo metterci in cammino verso Lui.
Vi presento una breve riflessione, appunto, per predisporci a vivere con gioia questa festa, in cui Gesù  dice a ciascuno di noi: Io voglio regnare nella tua vita, «per questo sono venuto a questo mondo», lasciamo, allora, che regni veramente, come egli vuole regnare nella nostra vita, per infondere in essa la sua presenza  e forza divina.
Cosa dobbiamo fare, come dobbiamo vivere e comportarci perché possiamo veramente metterci in cammino e lasciar regnare Gesù nella nostra vita?
Prima di tutto, una persona che si mette in cammino subito si prepara per l’azione e si domanda verso che direzione mi devo orientare. Non c'è cosa peggiore sentire dire alle persone scoraggiate: “sono stanco della vita”, “non ce la faccio più”, “io sono cosi da tanti anni”. Dio proprio si avvicina per rinnovare la nostra vita, per ammorbidire i nostri cuori e rafforzare la nostra volontà. 
Secondo, per lasciare regnare Gesù, dobbiamo lasciarci guidare da Lui, essere docili e disponibile alle sue ispirazioni, alla sua voce che ci parla attraverso, prima di tutto la Scrittura, la vicenda della vita comunitaria e nei volti concreti delle persone bisognosi. Dio ci parla costantemente e ci suggerisce le buone idee e azioni nella nostra coscienza e nei nostri cuori. Non possiamo sentire la sua voce, se non lasciamo spazio per l’ascolto, soprattutto nei momenti della nostra preghiera personale, ma, ascoltare Dio vuol dire anche riconoscere la sua presenza nell'altro, lasciarsi rinnovare dall'altro, accettare l'altro senza nessun condizionamento per condividere la vita in comunione.
Terzo, i soldati dicevano a Gesù: «se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Questo fatto ci mostra che il regno di Dio non si costruisce con la forza, il potere, la prepotenza umana, bensì, la sua potenza si trova nella sua grande misericordia, nella sua compassione, cioè, nella sua capacità di condividere la vita con gli altri e di stabilire rapporti sereni. Gesù regna nell’amore, nella compassione, nella solidarietà, nella debolezza e nella mitezza.
In conclusione: Possiamo dire che Gesù Cristo regna nella relazione e nella comunione di vita ed amore, la sua intima comunione di amore con il Padre e lo Spirito Santo si esprime nella relazione con l’umanità, cioè con noi. Gesù è un Re perchè è capace di ristabilire questa relazione di amore nella redenzione mediante la sua croce. Allora, Gesù regna perchè è capace di amare tutti i suoi prossimi e di amare senza condizionamenti, senza misurare sacrifici, è questa l'esperienza che ha avuto il “buon ladrone”, si è sentito profondamente amato dal figlio di Dio, e questa esperienza vitale ha suscitato in lui il suo desiderio di conversione per la sua salvezza personale.
Lascio due domande da pensare: posso dire in questo momento che mi sento veramente amato da Gesù? Quando sperimento l'espressione del suo sguardo sofferente e sereno riesco a rinnovare la mia fiducia e fede personale?

Sia Lodato Gesù Cristo…Sempre sia lodato!!

domingo, 7 de noviembre de 2010

Alleggerire e non appesantire la croce...

Portare la propria croce per noi cristiani diventa condizione sine qua non per diventare discepoli di Gesù. Il segno della croce, oltre a rappresentare la sofferenza del nostro salvatore, è espressione di appartenenza e identità personale e collettiva. Contemplare la croce dovrebbe portarci a riconoscere la vita, l’amore e la liberazione che Gesù ci ha donato. Penso che L’icona della vita comunitaria può essere l’incontro tra Simone di Cirene e Gesù. Il cireneo fu colui chi ebbe aiutato a portare la croce del nazareno. Portare la Croce personale ed alleggerire (e non appesantire) la croce degli altri diventa una sfida per la nostra convivenza umana.